mercoledì 3 luglio 2013

Artista Dona, Madre e Viva

Ciao 

Voglio compartire con voi la web de una artista moto particolare.  Si chiama Ana Alvarez-Errecalde

Lei ha fato della sua opera no apta per "moralisti", ha rotto il paradigma de la dona concepita nella societa che conosciamo. 

Lei dice "donna-bestia che non ha nulla proibito"

Disfrutatevi la sua web, sicuro non vi lasciara indiferenti. 

tanti baci belle done. 

http://www.alvarezerrecalde.com/index.php?/projects-proyectos/birth-of-my-daughter---el-nacimiento-de-mi-hija/


martedì 7 maggio 2013

DOMUS SOPHIA "La casa come specchio della coscienza"

Ciao amici del Blog della Crescita Personale ... :-)

DOMUS SOPHIA un nuovissimo metodo elaborato da SONIA CARELLA per realizzare la casa dei propri sogni attraverso le tecniche della Crescita Personale, ma non solo.... La Casa è il nostro specchio + intimo e ci dice come stiamo, dove stiamo andando e ci suggerisce, facecendo emergere in noi quanto serve, cosa è meglio per noi per il nostro benessere e la nostra crescita. Il cambiamento diviene un atto spontaneo, gentile, ma determinante.
A presto altre informazioni su questo metodo innovativo!

DOMUS SOPHIA è una chiave e questo è il livello base:

1° seminario in esclusiva per gli allievi dell'Istituto di Crescita Personale che frequentano o che hanno terminato i 7 anni dell'Accademia.

DOMUS SOPHIA "La casa come specchio della coscienza"

DOMUS SOPHIA non è Feng Shui

giovedì 2 maggio 2013

La storia di Lolli Lella

La storia di Lolli Lella Carissimo lettore, quella che ti sto per narrare è la storia di una giovane coccinella uguale alle tante altre che normalmente vivono nei prati di tutto il mondo. Coccinella, per gli amici Lolli Lella, era un simpatico e grazioso coleotterino che gironzolava su e giù per i verdi fili d’erba di un campetto incolto, ai piedi delle Prealpi Lariane. Lolli Lela, aveva una vita piuttosto ordinaria e le sue giornate trascorrevano più o meno secondo un programma quasi standardizzato. Per prima cosa, al risveglio di buon mattino, seguiva una veloce sgranchitina ad alucce ed zampette. Subito dopo, la piccola Lella si concedeva un bel sorso di rugiada rinfrescante, seguita da un’avventurosa esplorazione dei dintorni, alla ricerca di svago e di divertimento. L’ora di pranzo era il momento per darsi alla pappa, mentre il pomeriggio, quando il tempo lo permetteva, era dedicato allo starsene comodamente adagiata sulla prima foglia calda che le capitasse a tiro, così da fare il pieno del bel sole dorato. Sul calar della sera, infine, giungeva il momento di incontrare qualche buona amica, giusto per scambiarsi quattro parole e raccontarsi come fosse volata la giornata che stava ormai volgendo al termine. Occorre precisare che a questo calendario piuttosto standard, potevano aggiungersi qualche alquanto piacevole “fuori programma”. Ne è un esempio il fatto che ogni tanto Lolli Lella incontrasse delle coccinelle con cui giocare a farsi il solletichino per vedere chi ridesse di più o con cui scambiarsi un ristoratore massaggio se il dorso era tutto stanco e rigidino ^:^ Nonostante un’esistenza alquanto semplice e piuttosto serena, occorre precisare che la nostra protagonista non fosse una coccinella leggera e spensierata: dietro la sua figura tutta colori ed alucce svolazzanti, si nascondeva un esserino pensante e parecchio riflessivo. In effetti, ogni tanto, la piccola Lolli si metteva a cercare un posticino piuttosto rialzato, di modo che potesse far scorrere lo sguardo lungo tutto il lontano orizzonte e lì, così sistemata, cominciava a porsi un sacco di domande. Per esempio, spesso e volentieri si chiedeva cosa fosse mai la vita. Si poneva questo quesito e finiva con l’immergersi in un mondo-spazio fatto di punti interrogativi ed esclamativi, tante parentesi aperte e qualcuna mai chiusa, un bel po’ di puntini di sospensione e pochi, pochissimi, punti a capo. Siccome Lolli Lella era parecchio caparbia, non si arrendeva facilmente ed ogni occasione era buona per investigare il suo primario dubbio. Una volta incontrò una formica e gentilmente si rivolse a lei chiedendole se sapesse che cosa fosse la vita. La formichina rispose che la vita era un sorta di impegno a dare sempre il meglio di sé. Bisognava inoltre essere abili nel trasformarla in una splendida occasione di consapevolezza e di sviluppo della propria responsabilità. “Ammazza che parole!” disse tra sé e sé Lolli Lella. “Cosa avrà mai voluto dire la formicuzza?” Salutò piuttosto pensierosa e proseguì il suo cammino con un desiderio di capire ancora più grande di prima. Fu così che la nostra Lolli non si arrese e decise che era giunta l’ora di andare a consultare il gatto Miao che ogni tanto gironzolava vagabondo nei pressi del campetto e del bosco limitrofe. Lolli volò in lungo e in largo ed infine trovò il gatto Miao che se ne stava beatamente spaparanzato sul morbido cuscino, che la padrona di un vecchio casolare di campagna gli aveva deposto in un angolo del cortile di pietra. Lolli Lella arrivò atterrando sul bel soffice pelo, proprio in mezzo ai due occhietti che, per l’occasione di un bel pisolino, erano in quel momento chiusi. Lolli non volle svegliarlo e decise di provare a comunicare con Miao attraverso il pensiero. Cercando di raggiungere il bel gatto rosso nel suo magico mondo sognante, in cui probabilmente stava gironzolando alla ricerca di qualche topolino da rincorrere, la piccola coccinella tutta speranzosa così sussurrò: “Ciao Miao… mi senti?” “Miiii ciao, ma sei tu: Lolli?” sentì rispondere dentro di sé la nostra Lolli. “Ciao Miao, scusa se ti disturbo, ma ho una questione urgente che ultimamente sta diventato particolarmente importante. Ti faccio una domanda al volo e poi tolgo il disturbo” “Ok ok, dolce Lolli, dimmi pure” disse Miao rimanendo sempre nel suo mondo sognante. “Ecco.. vedi… hem… si… mi piacerebbe capire qualcosa di più della vita. Tu sai dirmi per caso che cosa sia?” “Miao, miao, miao (che nel linguaggio gattese significa: mumble, mumble, mumble)… vedi… la vita … è un magico sogno, … un luogo di piacere… e di soddisfazioni, ma… se qualcosa non ti è chiaro e vuoi capirne di più… puoi fare come me che in media medito dalle 7 alle 9 ore per giorno e vedrai allora come ti sarà tutto più accessibile.” “Ammappate Miao!”, esclamò stupida la piccola Lolli, “Seeettee, nnnove ore? Beh… senti… facciamo che ci penso su un attimino” e confusa ed un poco scoraggiata si congedò, senza prima aver regalato un bacino sulla fronte all’amico Miao. Lolli Lella era ora un pochino triste: i dubbi, invece che diminuire, sembravano aumentare sempre di più. Parole come “responsabilità” o “magico sogno” erano per lei solo un insieme di lettere abbinate ad un suono, ma niente di più di questo. Allora Lolli Lella tentò il tutto e per tutto ed un giorno, a primavera ormai inoltrata, fece un volo disperato finendo col planare nella manina di un bimbo, che insieme ai suoi genitori, stava gustando un delizioso pic nic proprio nel bel mezzo del campetto fiorito. Il bimbo salutò Lolli con suo carico di entusiasmo e, quando capì che poteva anche parlarle, non stette più nella pelle per la tanta felicità. “Ciaooooooo giovane insettino, tanto, tanto carinooooooo.” “Ehi ciao! Son contenta che sei contento di vedermi ” rispose Lolli, tirando un sospiro di sollievo per il fatto che non le stava capitando nulla di male. “Senti… non è che per caso tu ci hai capito qualcosa di questa vita a volte così misteriosa?” Il bimbo fece gli occhioni grandi grandi, tirò un risolino divertito e le raccontò che la vita era la manifestazione di un grande potere. Anche Lolli Lella fece gli occhioni grandi e tra sé e sé disse: “Ci risiamo, ecco un’altra risposta incomprensibile”, diede un bacino al centro della mano del bimbo e volò via dicendosi che era ora di andare a fare un riposino. Proprio mentre si allontanava dal bimbo, senti una vocina gridargli da lontano con tutta l’intensità di cui era capace: “Ah eccooo… un’altra cosa: in realtà la vita è un immenso e splendido gioooco, ma questo purtroppo te lo possono dire in pochi. Quando si è piccini, infatti, è facile tenerlo a mente, ma capita che crescendo sia più raro conservarne la consapevolezza. Lolli Lella si girò in direzione della variopinta tovaglia distesa sul prato e, divertita, notò lo sguardo interrogativo sul volto dei due adulti che, udendo il loro frugoletto, si erano voltati domandandosi con chi stesse mai parlando. A questo punto Lolli Lella incominciò a chiedersi se forse potesse mettere insieme tutte le informazioni raccolte sino a quel momento, come fossero ciascuna di esse il pezzo di un misterioso puzzle: se presi singolarmente, ciascun pezzettino era alquanto insignificante, ma se tutti gli elementi fossero stati tra loro uniti nel giusto ordine, sarebbe finalmente apparsa una sorprendente quanto significativa rappresentazione dell’esistenza. Lolli ripassava mentalmente l’idea del puzzle, più per una sorta di auto-speranzoso rincuoramento (dicendosi che forse, dopo tutto, le necessitava di raccogliere ancora dei pezzettini importanti); che per un vero e deciso convincimento. Intanto il tempo passava senza che però succedesse un granché. Un giorno, Lolli stava cedendo al pensiero di ritirarsi da questa bizzarra ricerca, quando all’improvviso le apparve dinanzi un’elegante farfalla. Questa volta fu proprio la farfalla a fare il primo passo chiedendo al solitario maggiolino come mai stesse vagando così assorto nei propri pensieri. Lolli rispose come al suo solito, spiegando la natura del suo principale quesito e la farfalla, per tutta risposta, così replicò: “Vedi, mia cara Lolli, in genere ognuno dà alla vita il significato che le vuole dare… probabilmente ogni significato corrisponde un poco a quello che ciascuno porta già con sé… Prendi per esempio me, che sono una farfalla: per me la vita è sinonimo di trasformazione perché in principio uscii da un ovetto in qualità di bruchetto strisciante e poi… pufff… ecco che un bel giorno arrivò il fatidico cambiamento e mi spuntarono delle alucce tutte colorate”. “Ma anche tu, cara Lolli” e mentre disse questo fece un simpatico occhiolino, “sei un esserino in trasformazione perché, se non sbaglio, sei nata che eri completamente diversa da come sei ora, o sbaglio?” Lolli Lella ebbe un impercettibile sussulto e non poté che ammettere l’autenticità di quanto sinora ascoltato. Stava per ringraziare la bellissima farfalla quando quest’ultima aggiunse un secondo messaggio: “E la sai un’altra cosa? Non è nemmeno detto che resterai per sempre così come sei oggi: ogni tanto mi capita di vedere dei coleotterini che salgono sul capolino di un dente di leone, come quello che c’è ora alla tua destra, solo che questo è da poco sbocciato, mentre loro vi arrivano quando ormai dal fiore si sono sviluppati i frutti e sono ormai belli maturi. E sai a questo punto cosa fanno? Si aggrappano ad semino che col suo ciuffetto di peli bianchini, sembra un piccolo ombrellino.” “Le coccinelle.. dicevo… vi si aggrappano e, al primo alito di vento che si solleva, si lasciano trasportare come fossero a bordo di un comodo aliante.” “E poi cosa succede?” domandò intrepida la nostra protagonista. “Beh… sai… nessuno lo sa con certezza, perché dove vanno e soprattutto cosa fanno sembra essere un segreto, ma ti posso dire con sicurezza che quando rientrano, questi maggiolini sono sempre sorridenti e soddisfatti epppoi” e a questo punto la voce della farfalla divenne un piccolo sussurro “Li vedi che NON sono più com’erano prima, per quanto son cambiati”. “In che senso?” domandò Lolli con un altrettanto filo di voce. “He… beh… come posso dirti? ... alcune coccinelle prima di partire verso questo misterioso luogo erano tristi e non si accettavano più per quello che erano diventate. Se le vedevi, notavi che le macchioline che ricoprivano la loro schiena si erano addirittura ingrandite. “Talvolta, infatti, capitava che le macchie che avevano sul dorso, si estendevano così tanto da coprirne tutta la superficie. Per qualche “fortunata” di loro rimaneva ancora una speranzosa macchiolina rossa all’altezza del cuore, ma come potrai intuire… non sembravano più quello che erano un tempo, così rosse e risplendenti.” La farfalla concluse spiegando che questo terribile cambiamento poteva riguardare tutte le coccinelle del mondo, anche quelle di altre razze e nazionalità. La farfalla fece un sospiro sconsolato, si fermò un istante a riflettere e poi, con un inaspettato sorriso e gli occhi animati da una viva luce, disse che non tutto era perduto. “Come ti dicevo poc’anzi, le coccinelle che hanno fatto quello strano viaggio a bordo del soffice ombrellino di tarassaco, son tornate a casa che sembravano rinate. Alcune di loro son rientrate con molte, mooolte meno macchie scure, mentre altre hanno ora dei nuovissimi puntini bianchi al posto di quelli neri! Altre infine hanno compiuto una vera e propria muta eee… voilà: ecco che quasi non le riconosceresti più, tanto hanno perso o quasi del tutto stinto tutti i loro neri pois.” . . . . . . Era ormai trascorsa una settimana da quando Coccinella aveva ascoltato il temibile racconto sulla sorte di alcune sue sorelline. Il solo ricordo delle parole della farfalla suscitava in lei un brivido di paura. Nel frattempo la nostra Lolli aveva provato in tutti i modi di capire se c’era la possibilità di cancellare le macchiette nere che anche lei portava sul dorso, prima che le stesse diventassero troppo cupe ed ingombranti. All’inizio aveva tentato con una veloce doccia ottenuta dalle gocce di rugiada che erano scivolate giù dai fili d’erba. Poi, notando l’inutile esito, un giorno in cui s’era abbattuto un piovoso acquazzone, si tuffò temeraria nel calice di un tulipano selvatico. Invano fu il bagno completo che si regalò: le macchie scure proprio non se ne volevano andar via. Lolli Lella cominciava col sentirsi sempre più triste e spaventata, come fosse caduta in un abisso nero di frustrazione. Stava quasi per abbandonare la speranza quando un giorno, dopo l’ennesimo tentativo di pulizia andato a vuoto, la nostra protagonista si disse che era giunto il momento di fare una scelta, perché non poteva andare avanti così. Si trovò di fronte ad un bivio e scelse la direzione più azzardata: avrebbe tentato di seguire la strada di quelle coccinelle che, precedendola, avevano raggiunto dei traguardi inimmaginabili! Vicino a lei scorse un bel soffione di tarassaco pronto a liberare nell’aria i leggeri semini. Lolli si scrollò di dosso le goccioline d’acqua, affinché fosse più leggera possibile, e decise che era arrivato il momento giusto per partire. Quando giunse in cima al capolino notò che il vento aveva già liberato la maggior parte dei ciuffetti bianchi. Ne rimanevano solo due che sembravano fossero rimasti lì in attesa degli ultimi due ritardatari. Inaspettatamente, infatti, Lolli Lella vide di trovarsi in compagnia di un secondo maggiolino. Anche il nuovo conosciuto aveva sentito parlare di un luogo dove c’era una meravigliosa coccinella di color rosso fiammante che parlava ai nuovi arrivati utilizzando parole che venivano dal cuore. Erano parole nuove, parole trasformatrici ed in effetti sembrava che i piccoli miracoli di cui Lolli aveva sentito raccontare dovessero essere reali. A Lolli si colmarono gli occhi di gioia e, sebbene il nuovo arrivato all’ultimo momento esitò e dopo alcuni istanti di incertezza preferì ritirarsi, la nostra Lolli iniziò ad esplorare i due piccoli paracadutini in attesa del fatidico lancio nel vuoto. Decisa a non perdere ulteriore tempo, senza un attimo di esitazione si aggrappò forte forte ad entrambi gli ombrellini e, con l’arrivo di un leggero alito di vento, la nostra Lolli si lasciò trasportare seguendo le naturali correnti d’aria. Fu un viaggio esaltante. Com’era semplice farsi trasportare! Oltre che facile era anche rilassante, perché Lolli non doveva muovere alcun muscoletto e non doveva nemmeno spremersi le meningi per capire quale fosse la corretta direzione. Fu così che infine approdò ad un nuovo campetto, planando su un giovane fiore di margherita dove, ad attenderla, c’erano altri due coleotterini simile a lei. Nel giro di breve si unirono a loro altre nuove sorelline che si chiedevano in tono concitato: “Ehi… ma è qui che si scopre qualcosa in più della vita?”, mentre altre aggiungevano: “Già… e magari capiamo anche qual’è lo scopo della nostra esistenza!”. Un’ultima coccinella disse intensamente: “Ciao a tutte, son qui perché cerco un attimo che valga una vita e mi hanno raccontato che questo è il luogo giusto per farne l’esperienza”. Alla nostra Lolli si stampò in viso un bellissimo sorriso e stra-stracontenta disse: “Ooohhh siii! Eccomiii!!! Son qui anch’io con voiii!!! Ci sono e mi sa che sarà una bbbellissima esperienza…. Siii! Sarà così!!!” E in effetti fu una bellissima esperienza. Lolli Lella riuscì a mettere insieme tutti i pezzettini del puzzle che aveva precedentemente raccolto e da quel giorno la sua vita non fu più come prima, realizzandosi quella trasformazione di cui aveva tanto parlato l’amica farfalla.

martedì 2 aprile 2013

Ciao,
in questo periodo sto leggendo libri sulla femminilità come Il risveglio della dea di Vicki Noble e vorrei approfondire ulteriormente. Qualcuno sa indicarmi altri titoli interessanti che magari ha già letto e apprezzato?
grazie dei vostri suggerimenti!

venerdì 29 marzo 2013

Lo scalatore illuminato (ovvero il mistero della fede)


"Più importante di Dio è la fede. Se preghi con fede una sardina in scatola, quella può farti il miracolo".
Alejandro Jodorowsky


C'era una volta, moltissimo tempo fa, un giovane uomo, che aveva una vita comune a quella di tanti altri: lavorava, aveva una moglie e dei figli, qualche amico, giornate felici e altre meno. Aveva però una caratteristica che lo distingueva dalla maggior parte dei suoi simili. Era solito farsi moltissime domande riguardo alla vita e alla morte, al senso delle cose, al mistero del creato. Quest'uomo aveva anche un passatempo: amava scalare le montagne. Gli dava la carica, lo faceva sentire leggero, gli lavava i pensieri dalla mente, lo trasformava per qualche ora in un essere veramente libero.
Dunque... un giorno l'uomo stava scalando una vetta particolarmente ardua, di quelle pericolose, che erano soliti affrontare scalatori molto esperti. Era solo, molto concentrato. A metà della scalata si fermò a riposare su una piccola piazzola scoscesa scavata nella roccia. Mentre si godeva il panorama, notò qualcosa che lo lasciò senza fiato. Uno splendido fiore bianco, delicato e setoso, piccolo ma forte sul suo stelo spesso e vellutato. Non seppe dire perché, ma quel fiore ebbe immediatamente su di lui un'attrazione irresistibile. Allora si avvicinò piano, quasi per non disturbarlo, e ne aspirò il profumo a pieni polmoni. 
Fu una fogorazione.
Si sentì come mai prima, pieno della grazia del Creato, folle di gioia, pieno di una energia nuova e sconosciuta, con la voglia di danzare (si contenne, era pur sempre abbarbicato su di una piazzola di roccia a centinaia di metri di altitudine!) e di cantare a perdifiato e quindi rise tanto da non ricordare mai più per quanto tempo.
Quando tornò più o meno in sè, qualcosa in lui decise che avrebbe terminato la scalata e lo fece, in uno stato di estrema lucidità ed estasi al tempo stesso. Quando raggiunse finalmente la vetta, stentò a credere ai propri occhi: si stagliava di fronte a lui una distesa di fiori bianchi come quello che aveva operato in lui il miracolo. Fu allora che decise che avrebbe insegnato ad altri a scalare quella difficilissima e impervia vetta e portato quante più persone poteva ad annusare il profumo paradisiaco di quei fiori divini.

Per anni questa fu la sua missione. Formò e accompagnò su quella vetta moltissime persone.
Iniziarono a chiamarlo lo scalatore illuminato. Chi lo adorava e chi lo denigrava.
Molti lo derisero, dicendo che era impazzito. 
Altri tentarono l'impresa, ma rinunciarono molto prima di arrivare anche solo vicino ai fiori.
Alcuni morirono tentando.
Solo pochissimi riuscirono ad arrivare a inalare il profumo dei fiori.
Tra questi, alla maggior parte non accadde nulla, e furono questi quelli che più odiarono lo scalatore, di un odio puro e irrazionale, fino alla sua morte e oltre.
Uno perse il senno e mai lo recuperò.
Nella sua lunga vita lo scalatore vide succedere la stessa cosa che era successa a lui solo a due persone, un uomo e una donna.

Prima di morire, l'uomo lasciò loro il compito di condurre chi l'avesse desiderato e meritato attraverso quella perigliosa scalata.

Tanti però conoscevano oramai quella strada e cominciarono a portare altre persone su per la montagna, ad aprire nuove e più agevoli vie di accesso alla vetta . 
Si scatenò una diatriba tra coloro che conoscevano la via per trovare i fiori. Chi diceva che doveva essere patrimonio di tutti, chi di pochi, chi sosteneva che i fiori dovevano essere messi a macerare per ricavarne l'essenza miracolosa.

In tutta questa confusione, uno di quelli che avevano odorato il fiore senza ricavarne effetto alcuno, lo chiameremo Bugor, cominciò a raccontare alla gente del suo paese che possedeva un segreto che gli era stato tramandato dallo scalatore illuminato. Egli, sosteneva, gli aveva detto che il fiore era manifestazione di una potentissima divinità che esigeva di essere adorata e idolatrata. Solo così avrebbe dispensato i suoi doni. Bugor cominciò a tenere conferenze, dicendo che lui aveva odorato il profumo paradisiaco e dal quel momento si era trasformato, aveva acquisito doti di preveggenza, bilocazione, poteva udire la divinità e interpretarne i voleri. Se solo lo avessero ascoltato e gli avessero fatto delle offerte, lui avrebbe spiegato loro com'era il profumo di quel fiore divino, dispensandoli dall'estenuante allenamento e dalla tremenda fatica che erano necessari per scalare quella pericolosissima e aspra vetta.

All'inizio fu qualcuno, poi sempre di più; cominciarono ad ascoltarlo parlare di questo fiore meraviglioso, di come il suo profumo lo avesse trasformato radicalmente, di come assomigliasse al sentore di vaniglia, mescolato a quello del legno di cedro appena bruciato, come avesse alle volte un vago aroma di limone misto a quello dell'erba appena tagliata in primavera. Tutti lo ascoltavano a bocca aperta e già si sentivano meglio. Si narra di guarigioni miracolose avvenute durante le sue conferenze.
La sua popolarità crebbe a dismisura, tutti gli chiedevano consigli sulla vita e sulla morte, diventò un uomo ricco e rispettato dalla comunità, fu chiamato a tenere conferenze in diversi paesi, creò una religione che chiamò "Il Fiore Illuminato" che raccoglieva fondi per cause di tutti i tipi.

Gli anziani raccontano che negli anni a venire si perse la memoria di quale fosse la montagna che diede inizio alla storia. La religione del Fiore Illuminato è fiorente, i discepoli di Bugor sono rispettati e mantenuti dalla comunità, vanno in carrozza trainata da cavalli a parlare ai fedeli del paradisiaco profumo del Fiore Bianco e a raccogliere i tributi per la divinità che si manifesta attraverso di esso, con cui comunicano a piacimento e di cui riportano alla comunità voleri, consigli, dettami. Hanno creato l'Essenza del Fiore Illuminato e la vendono a giusto prezzo a tutti quelli che lo desiderano, consegna direttamente a casa, altro che scalare montagne impervie e pericolose!
Lo slogan recita "L'illuminazione alla portata di tutti, basta avere un naso!".
Si dice che stiano studiando una linea di cosmetici e olii da massaggio con Fiori Illuminati macerati, elisir di eterna giovinezza.

Dell'uomo e della donna a cui lo scalatore illuminato lasciò incarico di condurre altri sulla Via su per la montagna, ad inebriarsi col profumo di un delicato e setoso fiore bianco, piccolo ma forte sul suo stelo spesso e vellutato, nulla si è mai più saputo.


Silvia Raffaella Formia


giovedì 28 marzo 2013

LA STORIA DI JO


C'era una volta, in un mondo lontano anni luce dalla terra, un pianeta in cui viveva una società molto diversa dalla nostra.
In quel mondo, la conoscenza era affidata a degli "shamani" che si tramandavano gli insegnamenti di padre in figlio.
In quel luogo, Jo (così si chiama per volontà di narrazione), era il figlio dello shamano ed era in procinto di sostituire il padre, ma prima del grande passo, ogni giovane stregone doveva abbandonare la sua terra per accrescere la propria consapevolezza attraverso un viaggio nei mondi e scoprire nuove civiltà.
Essi conoscevano il teletrasporto ed i viaggi "astrali" come li potremmo descirvere qui.
Si apprestò pertanto alla ricerca di nuove avventure.

Jo si chiuse in meditazione ed uscì dal corpo portandosi al centro della sua galassia.
cielo stellatoLi tutto era pace ed armonia.
Vedeva le stelle brillare e cercò di percepire le energie vitali che si propagavano dai diversi pianeti.
Inizo a seguire le scie energetiche che in principio lo sbalzavano da diverse parti nelle galassie fino a che, un'energia tutta particolare non attrasse la sua attenzione.
Essa veniva da un piccolo pianeta azzurro che ruotava intorno ad una stella molto luminosa insieme ad altri pianeti.

Jo decise di visitare quel pianeta per capire chi lo abitasse.
Il pianeta in oggetto era la nostra terra.

Arrivato sulla Terra, Jo decise di teletrasportare lì il suo corpo poichè era intenzionato a trascorrervi un po' di tempo.... già il tempo, per lui era un elemento assai diverso da quello che gli abitanti del pianeta azzurro intendevano.

Espessioni come "perdere tempo" oppure "non ho tempo" e simili gli erano del tutto estranee.
Come fai a perdere una cosa che non esiste? E' impossibile! Pensava Jo.

In un primo momento si fermò in una città, affollata di gente che era sempre di fretta, che difficilmente rideva, che scansava i suoi simili. Percepiva paura, tensione, insoddisfazione.
Tra se e sè pensava a quanto erano "piccoli" i pensieri e le azioni di quegli esseri, vedeva il loro potenziale e si stupiva che un numero così alto di individui non sapesse neppure minimamente di quali potenzialità era capace.

Decise quindi di cambiare luogo ed osservare gli abitanti della terra da un altro posto.
Jo si spinse a sud.

Lo scenario era cambiato ma le energie degli abitanti non molto.
Vedeva i terresti affliti da difficoltà e sofferenza ma qui per lo meno, alcuni riuscivano a dare spazio all'ilarità. Erano esseri più semplici rispetto ai primi che aveva incontrato ma non aveva trovato nessuno che potesse aiutarlo ad accrescere la sua consapevolezza.

Ho era ormai deciso ad andare via dal pianeta terra, dispiaciuto del fatto di aver visto tanto potenziale così mal gestito, ma in fondo, pensava, ognuno è libero di fare le proprie scelte.....

"Eppure" pensava, "una forza speciale mi ha spinto fino qui, possibile che mi sia sbagliato?" "Se così fosse, ho ancora molto da imparare."

Jo si era spostato verso l'estremità della ionosfera e stava per salutare e ringraziare il bel pianeta blu, quando qualcosa di speciale attirò la sua attenzione.

In alcuni punti c'erano delle piccole luci luminose che brillavano.
"Sono ancora qui.... vale la pena di vedere quali esseri riescono a produrre una così bella energia!"

Allora Jo, prese di mira una di quelle "luci" e si avvicinò lentamente. Più si avvicinava, più si rendeva conto che si trattava della strabigliante luce emessa da un abitante della Terra.

Era un essere puro, che era riuscito a sviluppare il grande potenziale che gli altri non sapevano neppure di avere, tanto erano chiusi in loro stessi.

Si avvicinò a questa persona e gli chiese chi lui fosse.
L'interlocutore di Jo, era un essere illuminato che viveva in un ridente villaggio del nord dell'India.

L'uomo riusciva a percepire la presenza di Jo e si mise in uno stato alterato di coscienza per poter comunicare con lui.
shamano indiano

Jo racconto all'uomo di provenire da un'altra galassia e gli descisse ciò che aveva visto durante la sua permanenza sulla Terra.
"L'essere umano non è in grado di vedere l'essenziale e l'invisibile, si è dimenticato di come si fa. Quando veniamo alla luce, siamo capaci di "vedere" ma crescendo solo in pochi riescono a ricordarsi come si fa."
"Non sono l'unico, sai" continua lo shamano "ci sono altre persone come me su questo pianeta che sanno come utilizzare il grande potere della consapevolezza. Alcuni sono nati con questo dono, altri lo hanno imparato poichè tramandato da Maestro ad Allievo per generazioni, come è successo a me."
"Io ero considerato un folle dalla gente del mio villaggio poi, grazie agli insegnamenti del mio Maestro sono stato capace di utilizzare questa mia "follia" per crescere spiritualmente ed aiutare gli altri."

Jo era ammaliato da quest'uomo, sapeva di essere nel posto giusto al momento giusto.
Chiese allo stregone: "Per piacere fammi vedere quello che tu chiami l'invisibile"
Lo shamano allora, portò Jo all'interno di un albero. Gli disse si sentire l'energia, di vedere l'energia, gli fece provare a prenderla ed essere quell'energia, farla parte di sè.
"Ecco, questo è un esempio di invisibile. Ora ti è chiaro?" Puoi fare questo "gioco" con qualsiasi essere, anche con una roccia!"
"Sul mio pianeta non c'è bisogno di ciò, tutte le creature comunicano con noi attraverso i suoni e degli impulsi e ciò ci permette di essere in connessione con loro. Non mi era mai capitato di essere parte integrante di un altro essere, ho sempre potuto percepirla ma mai esserne parte integrante. Grazie. Porterò con me questa nuova consapevolezza."
Jo era felice, il suo viaggio sulla Terra aveva portato i suoi frutti. Aveva imparato una lezione molto importante.
"Voglio ricambiare il tuo insegnamento" disse Jo allo Shamano "chidi gli occhi, e rilassati completamente".
Jo porto lo stregone sul suo pianeta, gli fece vedere il suo mondo, il modo di vivere che avevano i suoi abitanti. Lì tutto era in perfetta connessione. Regnavano la pace e la saggezza.
Le sensazioni e le percezioni che lo shamano incontrava in quel viaggio stavano diventando parte integrante del suo essere.
Aveva abbandonato completamente la parte "oscura" dell'essere umano: la rabbia, la paura, il risentimento.
Era diventato uno spirito purissimo che riusciva ad amare incondizionatamente.

Jo riportò il suo compagno sulla Terra. Tra di loro era nato un forte legame.
Ripromettendosi reciprocamente di reincontrarsi si abbracciarono e ognuno di loro continuò la propria vita ricco dei nuovi insegnamenti.



Angela ci scrive...

Ciao amici del Blog della Crescita Personale ... :-)

ANGELA Giaccardi ci scrive:

  • Esaltare la propria femminilità ,il proprio fascino credo siano due strumenti che la donna possiede per diffondere amore sicurezza e gioia di vivere .L'uomo che si accompagna ad una donna che vive in questa dimensione credo possa sentirsi avvolto da una forza incommensurabile .Quindi maschilismo o femminismo risultano termini da gossip limitanti che continuano ad impedirci di avvalorare potenzialità energetiche inespresse .Seguendo gli insegnamenti di Paolo l'uomo e la donna non possono che trovare nella crescita personale la possibilità di liberarsi da fantasmi illusori ,da falsità.ipocrisie ed esprimere la propria spiritualità che è il nostro vero contenuto lontano dal chiasso del nulla

La storia di Lino

Tuk . Tuck tuck .. Tump tump .. Scrick _ Scri-i-ick _ _ Strack! Ehi! Ooooo Issa! Ciao, mi vedi? Sono Scricchio, per gli amici Scrich. Cosa state facendo di bello? Che ne dite di passare un po’ di tempo insieme ascoltando una bella storia? Si? Bbbene! Son contento! Allora direi di iniziare. La storia che sto per raccontare si intitola semplicemente “La storia di Lino ” e Lino è lo scoiattolo che vedete qui sotto. Hem… ho preso in prestito qualche foto dall’album di famiglia della mamma di Lino, ma la signora scoiattolo mi perdonerà, perché sa che quella che state per leggere è la storia di un’amicizia straordinaria, che supera la paura e la diffidenza. Ma partiamo dall’inizio. Lino nacque in un luminoso giorno di luglio: era il primo cucciolo che mamma scoiattolo metteva al mondo e, forse per questo o chissà per quale altra strana ragione, Lino era un po’ più piccino rispetto alla grandezza media dei suoi cuginetti, che erano venuti alla luce durante quella splendida annata. Per tale ragione mamma scoiattolo decise che il suo nome doveva essere Lino: Lino il suo amato scoiattoLino; Lino, il suo primo cuccioLino. Vi mostro altre foto che sono state scattate a Lino, man mano che cresceva: Ecco Lino a un mese di vita, la prima volta che tocca terra, poi c’è Lino a due mesi che sbircia all’interno di un tronco cavo e Lino, due settimane dopo, che si avventura con la mamma, nei pressi di uno steccato fatiscente situato all’interno del parco forestale in cui viveva. Intanto Lino cresceva, ma dentro di sé era e rimaneva ancora un cuccioletto. Qui lo vediamo che imbuca la lettera per Babbo Natale, perchè… diciamocelo… a Lino piaceva credere alle favole e la storia di Babbo Natale, certo che doveva essere vera. O no? Babbo Natale a parte, a Lino piacevano tante altre favole e per fortuna sua, mamma scoiattolo ne aveva tante da raccontare. Le sue preferite erano quelle relative ai due cugini Cip e Ciop, quelle di Alvin Superstar e dei suoi simpatici fratelli e, per finire, quelle relative a Scrat, il suo lontano parente vissuto ai tempi dell’era glaciale. A mamma scoiattolo non dispiaceva raccontare al suo piccolo tutte queste favole. Per la verità trovava che questo fosse un modo come un altro per trasmettergli un po’ di conoscenza e di tradizione, di valori, moniti e… raccomandazioni. Le capitava infatti di infilare tra una favola e l’altra i racconti di scoiattoli che erano finiti prigionieri dell’animale che cammina su due zampe. I malcapitati venivano rinchiusi in mini gabbie o portati in speciali zone chiamate zoo, dove li attendeva una monotona e sedentaria vita, a suon di pappa a tutto spiano ed esorbitante ingrasso finale. Non mancavano i racconti dell’orrore secondo cui i più sfortunati andavano incontro alla morte, finendo imbalsamati o impellicciati per un evanescente piacere estetico… il tutto sempre per mano dell’animale che cammina su due zampe. Lino ascoltava attentamente le parole di mamma scoiattolo e non poteva fare a meno di chiedersi se tutte queste storie non fossero altro che delle leggende metropol-forestali o delle esagerate montature per instillare in lui un certo non so che di timore e diffidenza, al fine di restare il più possibile lontano dai pericoli. A dirla tutta, Lino aveva sentito in giro il racconto di altri suoi amici scoiattoli che dicevano di essere stati trattati bene dall’uomo (era questo il nome con cui veniva designato l’animale che cammina su due zampe). Alcuni scoiattoli del parco ricevevano spesso in regalo dalle mani dell’uomo tanto cibo a volontà: semini di ogni tipo, pezzettini di pane o di focaccia e persino… delle noci di cocco? °.° Inoltre sembrava che, quando qualche scoiattolo rimaneva orfano del padre e della madre, l’uomo li adottasse, riservando loro un caldo riparo dove accudirli amorevolmente. Per la verità anche Lino ebbe il modo di riconoscere che la mano dell’uomo fosse dopo tutto una mano amica. Un giorno gli capitò infatti di scorgere l’animale che cammina su due zampe: si stava allontanando, dopo aver abbandonato per terra una grossa noce. Dovete sapere che all’interno del parco c’era solo un albero di noci e la stagione dei frutti era trascorsa ormai da un bel pezzo. Per Lino quella noce rappresentava un’incredibile golosità e non poté fare a meno di avvicinarsi per farla sua. Quatto quatto, si appropinquò furtivamente, con nella testolina i terribili racconti di mamma scoiattolo. “Che fosse stata quella noce una sorta di esca per essere catturato e portato via lontano?” si chiese con il cuore che gli batteva forte. Lino raggiunse la noce, annusò per benino per capire se per caso non fosse avvelenata e, dopo averla presa tra i denti, schizzò via a tutto razzo. “Mmmm… che bbbuona questa noce” disse tra sé e sé, mentre gustava ogni singolo granello del delizioso frutto. “Nessuna trappola, nessun inganno… per me solo il piacere di un gradito omaggio”, aggiunse Lino tutto soddisfatto. Passò un anno ed un secondo volgeva ormai al termine. Tutti gli abitanti del bosco stavano facendo le opportune scorte invernali e Lino, come al suo solito, non poteva fare a meno di notare i generosi regali che la mano dell’uomo concedeva agli abitanti del parco forestale. Infine arrivò il grande freddo e la neve ricoprì di bianco tutto il parco. Come qualcuno di voi saprà, gli scoiattoli non vanno in letargo, ma in compenso si concedono dei periodi di lungo sonno alternati a periodi di modesta attività. Quell’anno Lino non riusciva a chiudere occhio, se ne andava in giro con una gran voglia di incontrare l’uomo, di conoscerlo e di vedere quale fosse il suo rifugio. Fu un inverno ben speso. Col giungere dei primi caldi, aspettò che mamma scoiattolo si svegliasse dall’ultima dormitina che si era concessa; a quel punto Lino raccolse tutta l’energia di cui era capace e scattò dritto dritto verso la tana della mamma. “Mamma, ti abbraccio e ti saluto. Ho deciso di seguire le orme dell’uomo. Voglio conoscerlo, voglio vedere dove abita, voglio capire anche come fa a recuperare tutto quello squisito cibo. Non preoccuparti per me, immaginami come fossi SuperSquirrel, a cui nulla di male potrà mai capitare”. “Uhaaa… per gli dei di Scoiattolandia e di tutto l’universooo!!! Cosa ho fatto di male per meritarmi una simile preoccupazioneee!!! O Signore Dio Scoiattoloso che dimori nella Grande Tana, abbi pietà di me e del mio giovane ed alquanto stolto pargoletto. Sig… sob… uff… e poi ancora… uhaaa!!!”. Mamma scoiattolo non si dava pace: tra un’imprecazione, un pianto a dirotto, una preghiera al buon Dio ed una supplica al volere propizio di fate, gnomi, elfi … e chi più ne ha più ne metta… non poteva che sospirare al pensiero di tutti gli scoiattoli che vivevano nei pressi del suo albero, che presto o tardi avevano trovato una graziosa scoiattolina e, dopo essersi affettuosamente dichiarati, avevano trovato qualche tana disabitata dove trascorrere una vita spensierata. “Il mio Linooo, che fine farà!?!?? Nella migliore delle ipotesi finirà col diventare il misero schiavo di quell’uomo che tutti e tutto asserve ai suoi piedi”. “Diventerà infelice; cosa spera mai di trovare?”. Poi, ricordando il famoso detto “chi va con lo zoppo impara a zoppicare”, non potè che scuotere il capo al pensiero del suo cucciolo in preda al vizio del fumo, dell’alcool e di chissà quali altre strane erbette: brutti vizi di cui l’uomo generalmente era lui stesso preda. Ma Lino non si fece condizionare. Dopo tutto era la sua vita. “Certo in giro c’erano esseri loschi e furtivi, ma non ve n’erano anche nel mondo degli scoiattoli?” rifletté tra sé, ricordando quello strano tipo dello scoiattolo volante, che faceva saltare in aria tutti quanti, ogniqualvolta giungeva balzando alle spalle del malcapitato di turno?”. “E poi, se alcuni uomini sono crudeli, lo dovevano per forza essere tutti quanti gli altri?”, rifletteva tra sé Lino, aggiungendo anche: “Come può essere così spietato quell’essere umano, se poi si prende cura degli abitanti del parco, dando loro del buon cibo; specie quando questo viene a mancare?”. Fu così che lo scoiattolo Lino si mise in attesa. Non sempre l’uomo faceva visita al parco. Bisognava saper aspettare. Il giorno propizio finalmente arrivò. Lino sentì giungere da lontano l’odore dell’uomo di cui ormai conosceva le fattezze. Si nascose dietro un tronco e solo la testa faceva capolino da dietro di esso, di modo che riuscisse a sbirciare cautamente senza troppo dare nell’occhio. Ma l’uomo aveva una grande vista e notò il solitario scoiattolo. Comprendendo la sua curiosità e la disponibilità a farsi conoscere, l’uomo fece qualche passo nella direzione del tronco. Lino ascoltò il suo cuoricino: è vero, gli batteva forte, ma non gli suggeriva la presenza del pericolo. Accadde allora che si protese ancor di più verso l’uomo. L’uomo mise a disposizione tutto il suo tempo e la sua pazienza per fare in modo che lo scoiattolo prendesse la dovuta confidenza e quando fu il momento giusto, allungò la mano verso lo scoiattolo. Lino si avvicinò ulteriormente e scoprì che nella mano dell’uomo giaceva un gradito regalo. Vi saltò sopra eee… gnam… “Ma quanto era buona quella noce!”. Da quel giorno l’uomo e Lino divennero grandi amici. L’uomo donava a piene mani e lo scoiattolo Lino nel giro di breve si trovò con l’aver accumulato un ricco tesoro, tanto che.. a voi che siete ora in ascolto svelo un segreto super super-segreto: fu proprio lo scoiattolo Lino a coniare il famoso proverbio “Chi trova un amico trova un tesoro!!!”. Non lo sapevate vero? ;-) Ricordatate del famoso proverbio ogni qualvolta conoscerete un nuovo amico e ricordatevi anche del buon Lino, che col suo coraggio e la straordinaria abilità nell’ascoltare il proprio cuore, diede un colpo di spugna a tutte le altrui credenze, andando incontro ad un felice futuro. * * * Dedico questa storia al mio Maestro Paolo, da alcuni anni preziosa presenza amica nella mia vita e la dedico anche a ciascuno di voi con l’Augurio di saper riconoscere e saper accudire le amicizie più preziose e sincere. Simona